Introduzione
È ormai ben noto che la macrocriminalità ha assunto in questi ultimi anni dimensioni sempre più vaste, un peso ed una valenza sempre più incisivi e penetranti.
Quella che ci troviamo di fronte non è più una criminalità frammentata ed occasionale, ma una molteplicità ed una rete di organizzazioni che invadono i più svariati campi di attività e che, in alcuni Paesi, toccano addirittura gli apparati di governo, la burocrazia, gli organi di sicurezza.
Il fenomeno del "crimine organizzato" ha superato i confini dei singoli Stati, acquistando connotazione internazionale e capacità di agire in qualsiasi punto del globo, sino ad assumere la forma di una autentica minaccia per la società.
Ciò che caratterizza l'attività macrocriminale è infatti il rapido accumulo di risorse, dovuto all'abnorme sproporzione tra i bassi costi di gestione e gli altissimi redditi; ciò che ne deriva è la necessità di reimpiego dei capitali accumulati, che inevitabilmente conduce ad una infiltrazione sempre più consistente del crimine associato nel tessuto finanziario ed economico della società.
Da qui una presenza criminale capillare e costante, anche se il più delle volte così ben mimetizzata ed integrata da renderne difficile la percezione, inadeguati e tardivi i meccanismi di difesa.
Da qui l'attitudine ad orientare le scelte di carattere economico e finanziario nelle Società infiltrate, e ad influenzarne, in alcuni casi, addirittura i processi decisionali politici ed amministrativi.
È agevole comprendere come bersaglio preferito delle multinazionali del crimine siano quei Paesi ove le strutture statali, le norme giuridiche, il sistema economico e sociale sono più vulnerabili. Paesi dove più facile divenga l'attuazione dell'intero ciclo produttivo di ricchezza, con l'accumulo di capitali provenienti da attività delittuose in una prima fase, con il lavaggio poi, ed infine con il reinvestimento dei capitali stessi, così purgati da ogni traccia della originaria illegalità.
Questa accentuata contiguità tra il crimine e gli ambienti economico-finanziari non resta però confinata ai Paesi più vulnerabili: le attività che costituiscono la base più solida dell'azienda del crimine, il traffico di droga ed il commercio clandestino di armi - spesso in commistione tra loro ed in vari modi interconnessi con i terrorismi locali ed internazionali - per loro stessa natura acquistano peso e rilevanza se attuati in ambito interstatale. L'espansione dei gruppi criminali sulla piazza internazionale diviene così una scelta operativa forzata, con un raggio di azione che comprende l'intera comunità degli Stati.
Sempre più numerosi sono i casi di "internazionalizzazione" funzionale del crimine organizzato: esemplare è la mafia colombiana che possiede anche una rete di smercio della cocaina negli Stati Uniti, ha colà costituito una rete di riciclaggio che si estende a varie città e che ingloba banche ed istituzioni finanziarie, tramite le quali i cartelli effettuano addirittura compensazioni con istituti di credito del Paese di origine.
È stato detto che la sola droga frutta centinaia di miliardi di dollari l'anno a qualche decina di organizzazioni criminali; somma che viene superata soltanto dal reddito dei primi dieci Paesi più ricchi del mondo.
È stato anche detto che, a Los Angeles, ragazzi di 15-16 anni riescono a guadagnare, smerciando droga, sino a 5 milioni di lire in un solo giorno.
Gli esempi fatti, oltre che tali da colpire chiunque non abbia ancora una visione reale del fenomeno, sono chiaramente indicativi della estrema pericolosità della criminalità organizzata, poiché l'attacco che essa muove alle istituzioni è concentrico e tentacolare, si esplica in più direzioni, permea il tessuto sociale in ogni suo strato, dal più basso e diffuso (i giovani, i disoccupati, gli immigrati), a quelli più elevati (gli ambienti economico-finanziari, la classe dei cosiddetti "colletti bianchi").
Quella che si deve fronteggiare, pertanto, è una guerra che assume le forme più varie, che si combatte in mille teatri, che fa uso di un arsenale estremamente articolato e duttile.
A ciò si deve aggiungere l'effetto psicologico che l'avanzata delle forze del crimine esercita sull'intera società, generando un sentimento diffuso di paura, di vulnerabilità, di impotenza, di sfiducia verso lo Stato e le sue istituzioni. Queste ultime rischiano di apparire, agli occhi della gente comune, inermi o addirittura complici, non più baluardo, ma inutile simulacro di uno Stato assente lontano o rinunciatario.
Ecco perché, in presenza di un fenomeno così vasto e così temibile, anche la risposta degli Stati deve essere tempestiva ed adeguata, sia dal punto di vista qualitativo, sia dal punto di vista quantitativo. E basarsi su un forte coordinamento che interagisce a livello locale, nazionale ed internazionale.
In tale ottica, essenziale è l'apporto dell'intelligence, il cui ingresso in un settore sino a qualche tempo fa riservato agli organi di Polizia, ha costituito quell'elemento di novità che la gravità del fenomeno da combattere richiedeva.
I campi nei quali i Servizi possono intraprendere una proficua collaborazione sono la ricerca sulla criminalità organizzata nelle aree di origine, al fine di stabilirne connotazioni strutturali, obiettivi, modalità operative e collegamenti su scala mondiale; l'individuazione delle linee di tendenza dei traffici, nonché dei canali finanziari e commerciali attraverso i quali si attivano i flussi di capitali e gli investimenti sospetti.
L'azione deve proiettarsi in ogni direzione, poiché tutte le aree geografiche sono ormai, se pur in diverso modo, toccate dall'espansione della macrocriminalità.
Diffusione della criminalità organizzata del mondo
Una rapida carrellata sulla presenza del crimine organizzato nelle varie aree geografiche sarà utile per delineare un quadro d'insieme della diffusione del fenomeno ed una mappa del narcotraffico e del riciclaggio, che ancora oggi sembrano costituire le principali attività delle associazioni criminali.
Europa
Il vecchio continente rappresenta ancora un polo d'attrazione per le organizzazioni criminali internazionali, sia quale meta o transito di traffici illeciti di varia natura, sia quale proficua piazza di investimento di capitali già "ripuliti" ed inseriti a pieno titolo nel circuito finanziario legale.
Se da un lato, infatti, molti Stati hanno maturato una maggiore sensibilità nei confronti del problema del riciclaggio, dall'altro alcuni Paesi offrono ancora consistenti opportunità di impiego per capitali di ogni provenienza o tollerano, al loro interno, l'esistenza dei cosiddetti "paradisi fiscali".
Discorso a parte merita la situazione nei Paesi dell'Europa centro-orientale.
Parallelamente alla loro apertura a forme di economia capitalistica, si va via via consolidando una criminalità organizzata che assorbe e plasma i gruppi criminali endogeni, minaccia la stabilità delle istituzioni locali e ne condiziona i rapporti con gli altri Paesi.
In tale trend, le organizzazioni criminali fruiscono dell'enorme vantaggio di un'accentuata flessibilità, sia nel "modus operandi" sia nella scelta degli obiettivi.
Per quanto riguarda in particolare la c.d. mafia russa, sue caratteristiche peculiari, come noto, sono:
- lo sviluppo di gruppi organizzati a base etnica (georgiani, caucasici, ceceni, uzbechi, armeni), che controllano con la violenza i racket interni al territorio russo, nonché il mercato degli stupefacenti, sia in Russia che nei Paesi limitrofi;
- il presunto coinvolgimento di ex appartenenti ai disciolti Servizi di Sicurezza o ex poliziotti, i quali spesso fungono da intermediari fra gruppi industriali europei e la nuova burocrazia russa o appaiono inseriti in istituti bancari o società commerciali e finanziarie attive nei circuiti internazionali.
In generale, una serie di fattori, quali:
- un sistema normativo non ancora allineato a quelli dell'Europa occidentale, soprattutto nel settore economico-finanziario;
- un'organizzazione di contrasto non sufficientemente specializzata;
- il perdurare della crisi economica;
continua a polarizzare verso l'area dell'Europa centro-orientale l'attenzione delle principali organizzazioni criminali transnazionali.
Ne è esempio l'interesse finanziario di gruppi internazionali verso le Repubbliche baltiche, Estonia, Lettonia e Lituania, apertesi all'economia di mercato e pronte a concedere regimi off-shore a soggetti giuridici non residenti (la stessa zona vede, per quanto riguarda il narco-traffico, il consolidamento della cosiddetta "rotta baltica").
Esistono, peraltro, indicazioni comprovanti una "penetrazione di ritorno" verso l'Occidente europeo che si concreta essenzialmente in attività di investimento di capitali illecitamente accumulati.
A tale proposito è da sottolineare la costituzione di numerose società finanziarie russe operanti in regime off-shore nelle isole di Cipro e di Malta.
Si registra altresì, in Europa, un costante incremento della presenza di soggetti e di imprese commerciali cinesi, oggi verosimilmente espressioni di micro-associazioni criminali, ma molto probabilmente, domani, veicolo di penetrazione di gruppi criminali di ben più consistente peso e valenza nell'area internazionale e nella ramificazione finanziaria illecita.
Particolare menzione merita, infine, l'area balcanica, ove, specie in Montenegro, si ha notizia di collegamenti tra l'italiana "Sacra Corona Unita" e gruppi criminali locali che dall'originario contrabbando di tabacchi lavorati, sono passati al traffico di armi e stupefacenti e, soprattutto, all'immigrazione clandestina, dall'Albania e dalla ex Jugoslavia, verso l'Italia e l'Europa.
Africa
È area di interesse per la produzione tradizionale di cannabis e per l'emergente fenomeno della commercializzazione e consumo della cocaina proveniente dal sud-America, limitatamente alle zone di intenso afflusso turistico.
Il Maghreb, Marocco in particolare, resta tuttora il luogo di maggiore produzione dell'hashish, nonostante la dichiarata volontà politica di risolvere l'annoso problema e un sempre più efficiente dispositivo di contrasto.
Fenomeno da seguire con sempre maggiore attenzione è, peraltro, lo sviluppo di una criminalità endogena, per lo più di origine nigeriana e ghanese, finalizzata a svolgere autonomamente l'attività di trasporto della droga ed a fornire manovalanza alle grandi organizzazioni.
Nel settore del riciclaggio resta invece immutato l'interesse della criminalità transnazionale ad investire ingenti capitali in attività immobiliari e turistico-alberghiere, nel Paesi nord-africani.
Medioriente
Pur conservando l'area un ruolo di tutto rilievo nella produzione e nel traffico di sostanze oppiacee, la rilevanza politica attribuita dai Governi alla bonifica delle tradizionali aree di coltivazione dell'oppio, anche al fine di attirare investimenti stranieri, ha costretto i gruppi criminali a diversificare la loro strategia, mediante l'avvio di processi di raffinazione e commercializzazione della cocaina ed il coinvolgimento nel narcotraffico di fazioni politiche locali (Hezbollah e PKK). Effetto immediato ne è stato lo sviluppo di coltivazioni oppiacee nelle Repubbliche meridionali dell'ex URSS.
Sono da seguire ed analizzare con attenzione alcuni segnali di un forte interesse della criminalità transnazionale per le potenzialità offerte dall'afflusso di finanziamenti esteri destinati alla ricostruzione di alcuni Paesi dell'area.
Asia e Oceania
In queste aree è sempre il narcotraffico l'elemento trainante per la criminalità organizzata transnazionale.
È noto che in Asia si trovano le più importanti zone di produzione di oppio: il "Triangolo d'Oro" (Laos, Thailandia e Myanmar) e la "Mezza Luna d'Oro" (Iran, Afghanistan e Pakistan), alle quali si sono aggiunte le Repubbliche meridionali dell'ex URSS (Turkmenistan, Uzbekistan, kazakistan e Tajikistan) e le regioni meridionali della Cina, confinanti con il "triangolo d'Oro".
Le attuali condizioni geopolitiche e l'inadeguata azione di contrasto hanno inoltre consentito alle organizzazioni criminali non solo asiatiche di sfruttare al massimo "l'industria di trasformazione" dei capitali: alle località tradizionalmente interessate dal fenomeno, quali Hong Kong e Singapore, si sarebbe recentemente aggiunta la Malaysia, l'isola di Labuan in particolare.
Operazioni di riciclaggio vengono effettuate dalle organizzazioni criminali asiatiche anche nei paradisi fiscali di Vanuatu, Nauru, Isole Salomone e Papua Nuova Guinea.
Americhe
Da uno sguardo panoramico sul continente americano, si rileva che le tensioni fra Perù ed Ecuador non hanno in alcun modo rallentato o condizionato i flussi del narcotraffico.
Non sembra, altresì, che le operazioni di eradicazione delle coltivazioni di papavero, condotte in Brasile ed in Colombia anche con finanziamenti USA, abbiano prodotto gli effetti sperati.
Si è inoltre avuta conferma, anche dalle più recenti operazioni di polizia, della consolidata esistenza, in Venezuela e Colombia, di canali di approvvigionamento di cocaina, gestiti in compartecipazione dalle 'ndrine calabresi, dalla camorra e dalla mafia siciliana attraverso consolidate rotte internazionali.
Per quanto riguarda le singole aree, non vale la pena, considerata la notorietà, soffermarsi su quella andina, ove si situano i maggiori produttori di cocaina (Perù, Bolivia e Colombia) e ove agiscono i cartelli di Cali, Medellin e La Guajiria.
Crescente importanza assumono invece i Paesi dell'area centrale, nei quali si constata un'estensione della coltivazione di sostanze stupefacenti ed un aumento del flusso di danaro da ripulire e reinvestire.
Problema di sempre per gli addetti ai lavori rimane, infine, l'area delle isole caraibiche, paradisi fiscali per antonomasia.
Linee di intervento nel contrasto al crimine organizzato
Come abbiamo visto, le interazioni tra i gruppi criminali e la sempre più diffusa internazionalizzazione del fenomeno richiedono metodologie e direttrici di contrasto necessariamente globali e di portata strategica.
Tralasciando l'analisi strutturale delle organizzazioni criminali, che pure è essenziale ed imprescindibile nella predisposizione degli strumenti di contrasto, conviene soffermare l'attenzione sul principale obiettivo del crimine organizzato, il profitto finanziario.
Il conseguimento di tale obiettivo avviene, come noto, mediante:
- l'accumulazione di capitali provenienti da attività illecite;
- la legalizzazione dei capitali stessi;
- l'investimento in attività lecite ad alto reddito;
tutto un processo, cioè, che per sua stessa natura si sviluppa in un ambito che trascende i singoli Paesi.
Strumenti essenziali per colpire con efficacia tali interessi primari delle organizzazioni criminali sono pertanto la cooperazione internazionale e l'adeguamento dei provvedimenti legislativi degli Stati aderenti alle convenzioni ad hoc stipulate.
È noto, infatti, che in questa fase si scontrano frequentemente l'interesse internazionale a contrastare le organizzazioni criminali e quello degli Stati alla tutela della propria economia e delle proprie strutture bancarie e finanziarie.
Uno degli esempi di tale divergenza d'interessi è l'esistenza dei paradisi fiscali, ai quali fanno costante riferimento le principali organizzazioni criminali.
La Conferenza Mondiale sul Crimine Organizzato Transnazionale, tenutasi nello scorso novembre a Napoli, ha riconosciuto il rango prioritario delle misure di contrasto alla criminalità economica e finanziaria, ossia a quella fase dell'attività criminosa (passaggio dall'imprenditoria illecita a quella legale) che ne costituisce, allo stesso tempo, il momento di maggiore vulnerabilità dell'azione criminosa (passaggio dall'imprenditoria illecita a quella legale) e quello di più grave minaccia alle Istituzioni.
Minaccia alle Istituzioni sono, infatti:
- l'immissione sui circuiti finanziari, nazionali ed internazionali, di masse di capitali che, se sono suscettibili di sconvolgere le piazze più deboli inevitabilmente finiscono per influenzare anche le più forti, sovvertendo le basi concorrenziali nell'economia di intere regioni e Stati;
- l'insidiosa e costante penetrazione in tutti i settori della vita economica - nel primario, nel secondario e nel terziario - scacciandone o quanto meno condizionando l'operato delle forze sane;
- il facile arricchimento individuale, che esercita un richiamo sempre più pressante nei confronti dei ceti disadattati e più poveri, ma che agisce anche sui ceti intermedi, sempre più spesso esposti all'allettamento di guadagni facili ed immediati.
In considerazione di tutto ciò, molti Paesi europei hanno emanato una serie di norme, penali ed amministrative, dirette a prevenire e contrastare il fenomeno dell'accumulo di risorse da parte della macro-criminalità.
A queste norme altre vanno affiancate, mirate a fronteggiare e colpire l'habitat socio-politico in cui la criminalità "mafiosa" nasce e si sviluppa ed i sistemi di "controllo del territorio" con cui essa tutela e rafforza le proprie strutture.
Nell'attuare tale strategia di contrasto - ed anche questo è stato detto nel corso della Conferenza di Napoli - è necessario distinguere le direttrici perseguibili a livello nazionale e quelle da attuare a livello internazionale.
Sul piano nazionale, gli Stati dovrebbero:
- sviluppare programmi educativi tendenti a creare una cultura della moralità e della legalità;
- adottare provvedimenti atti a sensibilizzare l'opinione pubblica circa gli effetti del crimine organizzato;
- superare il muro dell'omertà e dell'intimidazione prendendo in considerazione le misure che favoriscono la collaborazione degli appartenenti alle associazioni criminali;
- creare ed equipaggiare unità investigative speciali, esperte nel campo delle caratteristiche strutturali e delle metodologie operative dei gruppi criminali.
A livello internazionale, è invece auspicabile che ogni Stato predisponga le basi per un efficace sistema di cooperazione con gli altri Stati nel settore investigativo e in quello giudiziario.
A tal fine sarebbe utile:
- incrementare la collaborazione tecnica finalizzata ad assistere i Paesi emergenti ed in fase di transizione, per migliorare le potenzialità del loro sistema giudiziario ed investigativo;
- agevolare lo scambio sistematico di esperienze e di conoscenze specifiche, l'addestramento comune di appartenenti agli organi giudiziari, di Polizia ed "intelligence", nonché la concreta applicazione di efficaci contromisure, preventivamente concordate.
È inoltre da ribadire che, a premessa indispensabile di qualsiasi azione concertata e realmente efficace nel settore, si dovrà promuovere e realizzare nel più breve tempo possibile l'armonizzazione/integrazione delle normative economico-finanziarie nei singoli Stati.
Attività di contrasto del SISMi
Nell'intento di dare maggiore impulso alla lotta alla criminalità organizzata, il Legislatore italiano, con la legge 410/91, ha interessato alla materia anche i Servizi di Informazioni e Sicurezza, affidando al SISDe ed al SISMi: "... rispettivamente per l'area interna e quella esterna, il compito di svolgere attività informativa e di sicurezza da ogni pericolo o forma di eversione dei gruppi criminali organizzati che minacciano le istituzioni e lo sviluppo della civile convivenza."
A ciò si è pervenuti per l'acquisita consapevolezza della necessità di una specifica ed intensa attività intelligence che non interferisca con quella di Polizia Giudiziaria, ma che di questa sia invece, come indica sostanzialmente la legge, il prologo ed il sostegno.
Per quanto concerne la ricerca nel proprio settore di competenza, il SISMi ha richiesto e si avvale anche della collaborazione dei Servizi di Informazione e Sicurezza di Paesi amici, fornendo, ove necessiti, anche supporto tecnico-addestrativo.
L'attività intelligence, proiettata verso l'area esterna, si esplica nell'acquisizione di dati informativi specifici, che saranno poi riversati agli organi di Polizia Giudiziaria per gli opportuni sviluppi, e nell'analisi delle linee di tendenza della criminalità organizzata transnazionale, anche nei contesti politici, socioeconomici e geografici che in vari modi influiscono sulla nascita e la crescita del fenomeno.